Floridia, lutto nel mondo della cultura: è morto il pittore-scrittore Turi Volanti


FLORIDIA – Lutto nel mondo della cultura floridiana. Questa mattina il pittore e scrittore Turi Volanti si è tolto la vita nella sua abitazione floridiana. Commozione ed emozione ha toccato chi lo ha conosciuto. Qualche mese il sindaco Gianni Limoli lo aveva dichiarato cittadino benemerito. L’artista floridiano ha regalato al comune di Floridia numerose opere pittoriche una delle quali è presente nell’aula consiliare del comune di Floridia. Sue opere sono esposte anche al museo di arte contemporanea di Palazzo Raeli a Floridia.
Il semiologo Salvo Sequenzia dichiara: “Un lontano giorno di oltre trent’anni fa, in un freddo pomeriggio di gennaio, seduto accanto al camino del salotto, nella sua dimora arroccata nella parte alta di Floridia come un nido di rapace, Turi Volanti, che stamattina si è consegnato stremato alla morte sparandosi un colpo d’arma da fuoco all’addome, mi raccontò la sua storia. Turi Volanti ha vissuto una vita degna di una storia uscita fuori dalla penna di Dostoevskij, scrittore da lui amatissimo. Una vita di fughe, di scommesse con la sorte, di tragedie, di amori feroci, appassionati, dolcissimi; una vita tutta giocata sul filo di una coerenza spietata, lucida, sofferta, in nome dell’arte, della poesia, della cultura. Nella “carcara” di proprietà della famiglia, giovanissimo viene avviato al duro mestiere di spaccapietre. Lì, tra il fuoco dei forni e le marmitte di calce viva, apprende le legge inesorabile e impietosa che governa la vita, il mondo, l’universo: la lotta per la sopravvivenza, che l’uomo ingaggia contro i suoi simili, contro la natura, contro se stesso, per affermare la propria esistenza. Più tardi, avrebbe ritrovato nelle sue letture sterminate ed estravaganti questi temi, che sono stati oggetto di una riflessione lucidissima, disarmante e, insieme, incantata per tutta la sua vita: ne I Malavoglia di Verga, in Dostoevskij, in Kafka, in Proust, in Leopardi, in Nietzsche e Schopenhauer, in Canetti. Da autodidatta frequenta e si diploma al liceo artistico di Palermo, quando ancora a Siracusa e a Catania non esistevano né il liceo artistico né l’accademia. Si iscrive alla facoltà di Architettura della stessa città, ma presto abbandona quegli studi e si stabilisce a Milano dove frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera e il cenacolo artistico e intellettuale fra gli anni sessanta e settanta. Comincia a dipingere, dando subito prova di genio e di talento. Il successo arriva improvviso, e ne travolge la vita e gli affetti. Turi Volanti – aggiunge Sequenzia – è stato un pittore colto, uno degli ultimi pittori colti della sua generazione. Ritiratosi dopo gli anni lombardi e i successi di Brera a una vita appartata vissuta nel suo rifugio floridiano insieme alla moglie, vestale delle sue fragilità e del suo più intimo dolore, ha dedicato la sua vita alla pittura, alla scrittura, alle letture. E’ stato uno dei più vivaci animatori culturali di questo estremo lembo della Sicilia orientale. Fra gli anni settanta e gli anni novanta ha fondato giornali e riviste di grande spessore culturale come Acquaforte, Climiti, Anapos; ha fondato associazioni come Poesis e il Cerchio, che dagli anni ottanta ad oggi hanno costituito, per alcune generazioni, un laboratorio di confronto, di dialogo, di ricerca. La sua indole greca lo ha portato a polemizzare, spesso, con artisti e intellettuali di rango, ai quali, non di rado, ha tolto l’ultima parola. Turi Volanti ha scritto e pubblicato tantissimo, in prosa e in poesia. Nella sua opera consiste un rapporto aperto, inusitato, tra arte e letteratura, un dare e avere mimetico dall’estremo possibile della lingua in cui la parola reca all’immagine ciò che l’immagine custodisce della parola: quel comune mistero dell’origine che non cessa di aver luogo ogni qual volta qualcosa diviene dicibile o visibile. Insieme ai fratelli Nino e Tano Brancato e a Lino Tinè, Turi Volanti è stato tra gli artisti floridiani che hanno esposto alla quadriennale di Roma. La sua pittura, tormentata e potente, ha traversato come un fendente di lama tutti i generi, tutte le correnti, in una incessante ricerca di senso, di stilemi, di strutture e forme in cui sedimentarsi e consistere, senza mai perdere quel vigore e quel “fuoco” che caratterizzano la sua pennellata, i suoi colori, il suo segno. Nulla di divinatorio o di estetizzante è nel suo stile, mai trincerato nelle chiusure dottrinali o di genere, sempre inteso a restituire con fedeltà da “filologo” ciò che la mente e l’occhio intuiscono e colgono: soltanto un lucido, umile ascetismo di osservatore del moto incessante delle forme dell’universo. «L’opera d’arte è una liberazione, ma perché è una lacerazione di tessuti propri ed alieni. Strappandosi, non sale in cielo, resta nel mondo. Tutto perciò si può cercare in essa, purché sia l’opera ad avvertirci che bisogna ancora trovarlo, perché ancora qualcosa manca al suo pieno intendimento». Così scrive Roberto Longhi, e Volanti ha inciso in tutta la sua opera e nella sua vita questa grande “lezione” dello studioso di Caravaggio. Volanti – afferma – ha trovato nella pittura ad olio e nell’acquaforte le modalità espressive a lui più congeniali, poiché, dal punto di vista tecnico, storico e allusivo, rinviavano alle antiche arti alchemiche, a quella Grande Opera che egli, giovinetto, apprese tra le fucine della “carcara”, doveebbe a sperimentare per la prima volta la trasmutazione degli elementi, la duttile ambiguità delle forme, la mobile inconsistenza dell’universo. Tutto ciò egli ha fissato nella sua opera, da quella figurativa a quella legata alla scrittura, rappresentando, narrando e cantando le tragedie del suo tempo, i tormenti e il ristoro del cuore, la natura e i miti degli Iblei, la bellezza eterna della civiltà classica – modello inarrivabile di perfezione etica e formale – il fuoco che lo infiammava e lo divorava dentro, il bisogno di pace che egli trovava nelle poche amicizie che ha coltivato, senza mai giungere a compromessi con la società, con il mondo, con la vita. Sino all’ultimo, sino a questo giorno frastornato di settembre, sparandosi un colpo al cuore, con una coerenza ostinata, ragionata, inesausta, quasi a voler fermare per sempre la forsennata corsa del suo vivere. Per trovare, finalmente, quel ristoro e quella pace che ha inseguito e che non è riuscito mai a raggiungere e a possedere in tutta la sua vita”.