Siracusa – Il 20 novembre ricorre l’anniversario della Convenzione ONU sui Diritti dei bambini. Ancora una volta gli eventi e i dibattiti si susseguiranno, ma chi ha onestà intellettuale non può che riconoscere che siamo lontani da una vera cultura dell’infanzia: pensare che parlare dei diritti dei bambini una volta l’anno possa contribuire al cambiamento appartiene ad una tipica mentalità adultocentrica.
A Siracusa centinaia di bambini scenderanno in strada per la loro marcia annuale per rivendicare i loro diritti non riconosciuti. Il Consiglio Comunale dei ragazzi, che nasce da una esperienza straordinaria di partecipazione, guiderà la protesta e la proposta dei tanti ragazzi degli istituti comprensivi che hanno aderito, dopo aver fatto un percorso di consapevolezza sui diritti che hanno come bambini.
“Invito tutti – dichiara il difensore dei diritti dei bambini Francesco Sciuto – , cittadini e rappresentati delle istituzioni a partecipare a questo bel momento della città che vede i bambini protagonisti. Nella mia recente relazione alla città e alle istituzioni, leggibile per intero nel sito del Comune di Siracusa, ho messo in evidenza alcune delle iniziative di accoglienza della società civile e di interventi positivi delle istituzioni a favore dei bambini, orientate a creare una città a misura di bambini, senza naturalmente tralasciare le lacune- ormai denunciate invano da anni- che impediscono di fatto una piena realizzazione dei diritti dei bambini nella nostra Siracusa. Nella suddetta relazione ho paragonato la città di Siracusa al marinaio per il quale nessun vento è favorevole perché non sa dove andare. (“nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove andare” Seneca). E’ evidente una frammentazione degli interventi e la difficoltà a pensare un percorso unitario che possa far crescere una cultura dell’infanzia, che si costruisce con atti concreti, dando risposte a dei bisogni reali. L’area che resta più delicata e lacunosa è quella che riguarda la disabilità e il disagio sociale, nonché quella di progetti educativi che siano di reale partecipazione e ascolto dei bambini. Le lamentele che come ufficio ricevo con maggiore frequenza riguardano i tempi delle risposte sanitarie ai bambini che devono praticare una riabilitazione e le lacune dell’inclusione scolastica dei bambini disabili o comunque multiproblematici. Nelle istituzioni educative, accanto a tante esperienze di grande apertura, competenza e flessibilità, si hanno a volte risposte di inutile rigidità, insensibilità e scarsa preparazione. Nonostante i miei numerosi inviti ad oggi, per esempio, non si è riusciti a risolvere la problematica riguardante l’assistenza igienico personale dei bambini disabili, con un intollerabile rimpallo di responsabilità tra scuole ed ente locale, come se il solito ritornello “non ci sono i soldi” ( ed in questo caso parliamo veramente di cifre molto contenute)può minimamente giustificare un disconoscimento di un diritto. E’ del tutto evidente che manca una vision della città a misura di bambino, che va costruita mettendo insieme rappresentanti delle istituzioni, risorse della città civile che si muovono in modo non autoreferenziale e ascoltando i bambini, senza avere la pretesa di poter sempre scegliere per loro senza farli mai partecipare ai processi decisionali. Nella mia ultima relazione ho indicato un percorso minimo, invitando a saper distinguere tre livelli d’intervento, in rapporto di reciprocità:
1.Interventi di prevenzione primaria, cioè su tutti
2.Interventi su situazioni di maggiore fragilità
3.Interventi di recupero su situazioni conclamate
Stabilendo una gerarchia e una condivisione delle risorse da mettere in campo per ognuno dei tre livelli.
Conosco perfettamente il grande impegno di operatori sociali, sanitari e scolastici in un compito a volte gravoso a favore dei bambini e delle loro famiglie, ma ciò non basta, se non c’è una Politica delle singole Istituzioni, attenta e orientata solo al Bene Comune.
In occasione della celebrazione della Convenzione ONU desidero nuovamente sollecitare istituzioni e società civile ad avere una visione unitaria, per evitare che ci sia una città virtuale, quella che noi immaginiamo nelle nostre discussioni tra adulti e quella reale dove i problemi dei singoli bambini non sono visti, nè risolti.
Diamo una Speranza a questa città, altrimenti si rischia di supportare progetti non valutati e non valutabili con grande spreco di denaro.
Non è una città che ha una cultura per l’infanzia quella dove si lavora per eventi e in modo frammentario.
E’ urgente saper riconoscere e sviluppare le tante risorse presenti sul territorio ed anche saperle mettere in rete, utilizzando percorsi trasparenti. Risorse presenti più nella società civile che nelle istituzioni: queste ultime devono avere la maturità politica di saper proporre modelli di “welfare di comunità” dove, appunto , si investa in maniera seria, qualificata e trasparente nell’ormai indispensabile rapporto di collaborazione tra istituzioni e le tante risorse della società civile, purché realmente interessati solo ai bambini e capaci di seguire procedure trasparenti.
La celebrazione della Convenzione ONU, che quest’anno compie 26 anni, sia l’occasione per far nascere nella nostra città una nuova Speranza che porti alla piena attuazione dei Diritti dei Bambini nella nostra città!”.