Cultura

Floridia, presentato il saggio “Floridia tra ulivi, vigne e balduini” della giornalista Patrizia Tidona

FLORIDIA – È stato presentato nei locali del  Museo etnografico Nunzio Bruno, il saggio della giornalista Patrizia Tidona dal titolo Floridia tra ulivi, vigne e balduini. Il saggio, come recita il sottotitolo, è uno studio condotto dall’autrice sul “Rivelo di beni e anime del 1748”. I “Riveli” erano i censimenti della popolazione e dei beni di feudi e citta) che il Regno compieva periodicamente per accertare l’entità demografica ed economica del territorio. Il saggio è stato presentato dal professore Enrico Iachello, storico e docente universitario, già preside della Facoltà di Lettere dell’Ateneo catanese. Ad introdurre Iachello, dopo i saluti della direttrice del Museo Cetty Bruno, è stato il semiologo Salvo Sequenzia, curatore del saggio e direttore scientifico della collana di studi storici ed antropologici Xiridia Dilecta in cui l’opera è stata pubblicata dall’editore Centro Studi Xiridia. La presentazione del libro è stata moderata dalla giornalista Sabina Rizza.

Così  ha dichiarato il curatore della pubblicazione Salvo Sequenzia: “Lo studio condotto con passione e rigore metodologico da Patrizia Tidona, che ha proseguito l’indagine documentale avviata nel 1997 dalla storica Fausta Gallo con la pubblicazione del “rivelo” del 1636, e) destinato a gettare una luce inedita sulla comprensione della storia della comunità) floridiana in un momento particolare della sua vita, allorché< si assiste al tramonto del potente casato della dinastia fondatrice dei Bonanno e all’ascesa del casato dei nuovi feudatari Migliaccio, che sarebbero assurti ai fasti della corte palermitana con la duchessa Lucia, moglie morganatica di re Ferdinando IV di Borbone. L’analisi del “rivelo” documenta una comunità che cerca con volontà e sacrificio di riprendersi dalla sciagura del terremoto del Val di Noto del 1693; una comunità laboriosa di 2644 “anime” composta in prevalenza da contadini, vignaioli, artigiani, allevatori e pastori che vivono aggregati in un borgo attraversato da otto strade e raccolto intorno alle prime chiese di fondazione: la chiesa Madre, la chiesa di sant’Anna, la chiesa di sant’Antonino e la chiesa della Madonna del Carmine. Il libro della Tidona riporta alla luce un microcosmo vivace caratterizzato – aggiunge Sequenzia -, in quegli anni, da una forte ondata di immigrati provenienti dall’hinterland ibleo ma anche dal ragusano, dal messinese e da Malta, che si riversa nei borghi di “nuova fondazione” come Floridia in cerca di lavoro per migliorare la propria condizione. Già si profilava in quel periodo la vocazione ricettiva dell’antico borgo fondato da don Lucio Bonanno Colonna nel 1627 che avrebbe caratterizzato la storia successiva di Floridia declinandosi in quella predisposizione all’ospitalità e all’accoglienza da sempre riconosciuta alla nostra comunità. In effetti, il “rivelo” studiato dalla Tidona costituisce una radiografia del territorio che descrive minuziosamente edifici, strade, opifici, luoghi di culto, terreni, tipologie di colture e di allevamenti, mestieri, arti e professioni, ricchezze e qualità della vita, toponomastica, nomi e cognomi: una fonte inestimabile di informazioni di rilevante interesse, come l’attestazione della presenza nel borgo di un convento e di un fondaco, del carcere e del castello distrutti dal terremoto e sino ad oggi solo ipotizzati dagli storici, di una cappellania e di una attivissima e potente confraternita, quella della chiesa di sant’Antonino, dedicata a Gesù e Maria, che risulta essere, perciò, la più antica di Floridia. Libro interessante anche per i non addetti ai lavori, scritto con chiarezza e precisione giornalistica, il saggio di Patrizia Tidona rappresenta per la comunità degli studiosi e per la città intera un punto di riferimento imprescindibile per la conoscenza della propria memoria storica e per il rafforzamento della propria identità”.

L’autrice del libro Patrizia Tidona visibilmente commossa al pubblico presente ha detto: “Leggere foglio dopo foglio i quattro volumi del livello del 1748, scelto sia perché nel 1741 ci fu il concordato con la chiesa che obbligava anche i religiosi a censire i propri beni,  e perché nell’anno 1747 con Lucia il casato Bonanno lascia in eredità a Vincenzo il borgo dando avvio al ducato Migliaccio, ha voluto dire per me intrufolarmi tra I membri della Corte giuratoria e bussare nelle 676 case rivelate, conoscere le 687 famiglie, I nomi dei suoi membri, capirne il lavoro dai beni mobili o dagli stabili dichiarati. Camminare lungo le strade non asfaltate tra l’odore di quei balduini che con muli e cavalli condividevano la quotidianità delle case delle famiglie. Famiglie di contadini, perlopiù, allevatori qualche Mastro artigiano, due botteghe un Fondaco qualche magazzino e tanta terra tra Le Contrade citate di Cifalino Cugno Canne, del Fego Floridia, di Pozzoni coltivati tra Ulivi, alberi di frutta e migliaia di Vigne. Ho bussato alla porta dei capofamiglia, giovani perlopiù tra I 26 e 40 anni, pochissimi gli anziani in paese infatti. Tra loro le 170 vedove, tante, chiamate ad occuparsi della famiglia. Tra le famiglie ho scoperto anche il piccolo Antonino Tralongo orfano di 3 anni che benché avesse sua sorella più grande che se ne prendesse cura è citato come il capo della famiglia e questo dato fa riflettere sulla differenza sociale tra lo stato di un uomo e una donna. Un paese religiosissimo che fa rievocare nomi di Antonio, Anna, Sebastiano numerosissime volte nel borgo. Con le sue chiese che denominano anche alle strade; via Roma denominata strada Sant’Anna, il corso denominato strada Sant’Antonino, via Archimede chiamata strada Chiesa Matrice (la chiesa Madre dava apertura ancora su via archimede) mentre la via che si apriva dinanzi alla Chiesa della Madonna del Carmelo prende il nome di strada di Nostra Signora del Carmine.  Paese religiosissimo anche per la presenza di 10 suore, sei sacerdoti e nelle attestate fondazioni di confraternite e delle cappellanie messe votive destinate ad un preciso altare di una chiesa. Con tanto di eredità lasciata ai propri cari.  Un borgo di famiglie nucleari pochissime le patriarcali che rimanevano sotto lo stesso tetto con più generazioni. Ho bussato alle porte di concittadini che magari sapevano far di conto e scrivere due righe ma non compilare un documento così impegnativo come rivelo che viene scritto sempre dallo stesso membro della corte giuratoria e per garanzia firmato specie dal sacerdote Giovan Battista sturaci, immaginato come un caro compagno di viaggio dei floridiani che morì poco dopo la compilazione del riveli e la cui notizia avrà scosso tanto la comunità  tanto che la sua triste dipartita è citata all’interno dei fogli della rivelazione. (triste coincidenza che anche oggi il rivelo sia presentato all’assenza del nostro caro padre Loterzo, dipartito da qualche mese).  Mi sono inoltrata tra i campi coltivati ad Ulivi e alberi da frutta dove vengono censiti solo due piante di agrumi. Arance e limoni non erano nella dieta dei terrazzani floridiani.  Migliaia di Vigne e il buon Moscato specie in contrada Cifalino. Ho sentito – aggiunge Patrizia Tidona – il pascolare delle Greggi e delle poche Mandrie, Il ronzio delle 3000 api che in mano ai più di 18 Apicoltori, tanti Mi sono sembrati per il piccolo borgo, producevano un buon dolcissimo nettare. Sono entrata nella casa della ricchissima vedova Sampognaro che abitava I sette corpi di casa attaccate alla chiesa di Sant’Anna, nella casa del notaio Scibilia, Giulio Il nipote del notaio famosissimo di Siracusa, che abita I dieci corpi costruiti su l’unica casa registrata in strada della piazza che con la sua sola presenza annuncia il forte legame tra Floridia e la città di Siracusa. Ho raccolto insieme alla corte giuratoria le tasse quantificate a piè di pagina di ogni rivelo, dalla più piccola parte quei cinque grana chiesti a chi aveva poco, ai Tarì e allae onze dovute dai più ricchi. E in verità queste tasse mi sono parse subito poca cosa rispetto circa alle 10 mila onze verste al Duca sotto forma delle tre gravezze presentate nel riveli: I soli di casa, lo ius ricognizione e i patti enfiteutici. Floridia nel 1748 è ancora cosa del duca”.

“È stato un viaggio nel tempo e nel luogo scoperti attraverso I nuovi dati forniti dalla documentazione. Se non troviamo la chiesa del Giardinello perché non c’era nessuna abitazione confinante ad essa abbiamo contezza della nominata chiesa delle Anime del Purgatorio, così come troviamo un ospizio dei Frati Minori Riformati ospitati in una struttura ubicata in strada Sant’Antonio. Numerose poi le richieste per chiarimenti che ci danno lettura anche di come erano costruite le case, i materiali utilizzati: la pietra giugilena, le canne sul tetto, le travi di legno. Una fonte quella del rilievo che potrebbe essere ancora oggetto di studio almeno per altri due filoni di studi: quello urbanistico per dettare tramite confinanti un’ipotesi di mappatura che si è rivelata complessa e quella linguistica visto che il documento fa percepire una forte influenza spagnola con la costante uso della J e del dialetto. Da questo scaturisce il desiderio di rendere reperibile il documento sul sito del museo Nunzio Bruno che condivideremo appena possibile e dotare le biblioteche della città del libro che ne interprete dati e per questo ringrazio la collaborazione dell’editrice Cetty Bruno. Un libro che dedico ai miei effetti più cari – continua -, ai miei figli Carlo e Samuele e alle generazioni più giovani che non rappresentano il futuro ma il presente, il tempo e luogo che oggi vivono e cui la società, anzi la comunità deve custodire e prendersene cura.  Lo studio di queste pagine mi lascia addosso un senso di comunità Floridiana operosa, viva, fatta di carrettieri, jurnatari, lavoratori, mastri, don, gente che si prende cura l’uno dell’altro in un tempo- luogo magari vissuto in modo diverso da oggi Ma che lancia sempre lo stesso messaggio di coesione sociale. Tenerezza mi ha procurato Infatti leggere che il notaio Russo e sua moglie si sono presi cura della piccolissima Provvidenza adottandola. Preservare sì la memoria con sensibilità e far rivivere la comunità cui apparteniamo, ma anche la forte volontà di fare comunità ogni volta che si intravede un bisogno, un’esigenza, una finalità che Miri al bene di tutti. Questa è la mission che mi lascia l’opera che ho il piacere di condividere con tutti voi e con la mia Floridia”.

 


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