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Presentato il libro “Re Nudo” del dott. Anselmo Madeddu

Ricostruzione congetturale gruppo scultoreo Gelone in agorà di Akradina Anselmo Madeddu

Un “Re nudo” che capovolge la metafora del potere di anderseninana memoria e che ha a che fare coi bronzi di Riace e con la Siracusa del V secolo a.C.. Il titolo sembrerebbe un mistero. Cerchiamo di svelarlo, facendo dunque un passo indietro.

Le ipotesi formulate in passato sui bronzi di Riace hanno riguardato solo personaggi mitologici o eroi. Pochi hanno pensato a personaggi storici realmente esistiti. Eppure i Santuari di Olimpia e Delfi e le piazze delle città greche pullulavano di statue di personaggi reali, atleti, re, condottieri. Il motivo di questo orientamento è legato alla “nudità” dei bronzi, che, fatta eccezione per gli atleti, mal si adatta a personaggi storici reali e che è il segno distintivo della “eroicità”. Eppure tutto in questi bronzi porta verso la rappresentazione di personaggi storici reali. L’accuratezza ed il verismo dei dettagli curati dal loro maestro non trova al momento confronti nelle opere antiche rimaste e li allontanano mille miglia dalle rappresentazioni idealizzate di eroi e personaggi leggendari, svelando la volontà di raffigurare personaggi veri, palpitanti e realmente esistiti.

Chi potrebbero essere, dunque, i soggetti storici ritratti nei due bronzi ?

Ricostruiamone l’identikit partendo dai pochi punti fermi che conosciamo grazie alla ricerca. Sappiamo, ad esempio, che furono realizzati tra il 480 e il 460 a.C. L’analisi delle terre di fusione ha collocato la loro produzione ad Argo e, dunque, furono realizzati dai maestri argivi. I supporti degli elmi presenti sui loro capi sono compatibili solo con elmi corinzi usati nell’area dorica. Ed ormai si concorda nell’individuarvi un guerriero (il bronzo A) e un re (il bronzo B).

Di particolare interesse si presenta l’individuazione di un re nel bronzo B, legata alla presenza della classica cuffia a ricciolo (kynê) sotto l’elmo corinzio, che era il segno distintivo del comando supremo. E’ il bronzo B, pertanto, quello che si presta meglio all’identikit.

Quale personaggio storico, dunque, era stato un re e comandante supremo tra il 480 ed il 460 a.C. nell’area di influenza dorica ? Magari un re atleta che aveva vinto gare olimpiche visto che era raffigurato nudo ? Magari un Re distintosi per una consistente committenza statuaria e per una forte azione di propaganda politica ? Ebbene, se così fosse, tutti gli indizi portano a Gelone e ai Dinomenidi:

  • Il bronzo B porta un elmo corinzio che lo colloca nell’area di pertinenza dorica (come Gelone).

  • Porta una kynê che lo identifica con un comandante supremo e re (così come Gelone)

  • Peraltro la kynê corinzia del bronzo B è ampiamente raffigurata proprio nelle monete siracusane

  • L’età di realizzazione depone per un personaggio che è re tra il 480 e il 460 (come Gelone)

  • I maggiori committenti di statuaria bronzea autocelebrativa allora furono i Dinomenidi

  • Le fonti ci parlano di molte loro statue presenti ad Olimpia, Delfi e Siracusa

  • La propaganda politica di affermazione egemonica dei Dinomenidi era nota nel mondo ellenico

  • Se volessimo spiegarci la nudità con le vittorie olimpiche, sono anche i re che vincono di più

Che dire? Gli elementi dell’identikit ci sono tutti ! Tutto sembra coincidere! Riguardo alle vittorie agonistiche, ad esempio, basti pensare che in quel ventennio in tutto il mondo greco solo 9 volte vinsero atleti che erano anche re, e 7 volte su 9 furono i Dinomenidi! E riguardo invece alla committenza, basti pensare che da Siracusa e dai Dinomenidi provenne in quello stesso ventennio la maggiore committenza statuaria in bronzo (soprattutto autocelebrativa) non solo della Sicilia (circa l’80%), ma dell’intero Occidente ellenico.

Ma non è solo questo identikit l’elemento che oggi ci induce ad individuare nel Re Gelone il personaggio misterioso che si cela dietro il bronzo B, quanto piuttosto e soprattutto il ricordo di un magnifico gruppo scultoreo tramandatoci da tre storici: Claudio Eliano, Polieno e Diodoro Siculo.

Si trattava di una statua che raffigurava il Re Gelone completamente nudo nell’atto di deporre le armi dinanzi al popolo. Una statua assai venerata dai Siracusani, che si trovava nel Tempio di Hera presso l’Olympeion. La statua immortalava uno degli episodi più celebri della vita di Gelone.

Raccontano Eliano, Polieno e Diodoro che all’indomani della vittoriosa battaglia di Himera contro i Cartaginesi, essendo venuto a sapere di una imminente congiura contro di lui, Gelone, invece di sopprimere nel sangue ogni rivolta, radunò tutto il popolo nell’agorà di Akradina, invitando tutti a venire armati. Quindi entrò in assemblea e, dopo aver fatto il resoconto del suo mandato conclusosi con la storica vittoria sui Cartaginesi, si tolse le vesti presentandosi nudo dinanzi al popolo e, deposte le armi, rimise il suo mandato e la sua vita stessa nelle mani del popolo e concluse: “… Ebbene concittadini, io sono nudo e voi siete armati, se ho sbagliato, se ho fatto qualcosa che non possa essere tollerato, non abbiate pietà, uccidetemi, colpitemi col fuoco, col ferro, coi sassi …”. Quel grandioso gesto di umiltà, che aveva portato l’uomo allora più potente della Sicilia a spogliarsi di tutto e rimettere la sua vita nelle mani del popolo, lungi dall’indebolirlo gli procurò una gloria immensa. L’assemblea respinse le sue dimissioni e lo acclamò plebiscitariamente Re.

I Siracusani, per il tramite del suo successore Ierone, vollero immortalare questo gesto con il gruppo scultoreo custodito appunto presso il tempio di Hera.

Racconta Plutarco che al tempo di Timoleonte i Siracusani, dopo un singolare processo, decisero di vendere tutte le statue dei tiranni, tranne appunto quella di Gelone nudo, che godeva ormai di un culto eroico. Ma grazie ad una rilettura critica di un prezioso brano di Dione Crisostomo, fondato sull’ormai perduta opera dello storico siracusano Atanis (IV sec. a.C.), sappiamo anche che furono salvate altre statue, ed in particolare quelle che stavano attorno al bronzo di Gelone, opere dello scultore Dionisio. Questi era un celebre bronzista di Argo, allievo di Ageladas e precursore della ponderazione policletea, ed era stato già introdotto nella corte reale di Siracusa da Formide, generale dell’esercito di Gelone, nonché grande commediografo e precettore dei suoi figli. Il particolare emerso dalla rilettura del testo dioneo è di estremo interesse per due ordini di motivi. Il primo consiste nel fatto che la individuazione di Dionisio d’Argo quale autore dei bronzi si sposa perfettamente con l’analisi delle terre di fusione che hanno individuato nelle officine di Argo il luogo di produzione dei bronzi. Il secondo motivo d’interesse risiede nel fatto che il testo dioneo ci consente di capire che il “Re Gelone nudo che depone le armi dinanzi al popolo” rappresentava il soggetto centrale e principale (essendo il bronzo con la kynê del Re) di un gruppo scultoreo che doveva essere composto da almeno altri due soggetti, posti alla destra e alla sinistra del bronzo del “Re nudo”. Tutti gli indizi (escludendo il “dissidente” fratello Polizelo) indurrebbero ad individuare negli altri due soggetti i rimanenti fratelli Dinomenidi (Ierone ed il giovanissimo Trasibulo), invitati da Gelone a seguirlo nel suo gesto. Ed ecco così spiegata anche la “nudità” degli altri due componenti del gruppo scultoreo. Non è irrilevante notare, per altro, come la testa barbuta con elmo corinzio e kynê a ricciolo sul diritto della litra di bronzo coniata a Siracusa al tempo di Timoleonte tra il 344 ed il 336 a.C. rappresenti con tutta probabilità un ritratto della testa di questa celebre statua del “Re Gelone nudo” del V secolo a.C.. Ed inoltre è interessante notare come il bronzo B (Re Gelone) si presenti nell’atto di deporre una lancia e di allontanare lo scudo dal petto, proprio in sintonia con la descrizione di Eliano.

Proviamo, dunque, a ricostruzione le vicende dei bronzi:

  • Anno 478 a.C. Alla morte di Gelone, Ierone, per il tramite di Formide, commissiona a Dionisio d’Argo il gruppo scultoreo che doveva immortalare il celebre episodio in cui Gelone si presentò nudo dinanzi al popolo. Il gruppo scultoreo, raffigurante oltre che Gelone, anche i fratelli Ierone e Trasibulo, venne così collocato nel Tempio di Hera presso l’Olympeion (Eliano, Storie VI,11).

  • Anno 397 a.C. Il Cartaginese Imilcone distrugge il mausoleo di Gelone nei pressi dell’Olympeion (Diodoro Siculo, Bibl. Hist, XIV, 63) e danneggia la statua di Gelone che così subirà il restauro del braccio destro e dell’avambraccio sinistro. Da allora il gruppo scultoreo venne trasportato all’interno delle mura della città, probabilmente nell’agorà di Akradina.

  • Anno 339 a.C. Debellata la tirannide, su invito di Timoleonte, i Siracusani, dopo un regolare processo, decidono di vendere tutte le statue dei Tiranni, fatta eccezione per quella di Gelone (Plutarco, Vite parallele: Timoleonte, 23, 7-8). Ma vengono salvate anche le altre statue che facevano parte dello stesso gruppo scultoreo, opera di Dionisio d’Argo (Dione Crisostomo, Orazione XXXVII Corinthica, 21). Contestualmente viene coniata una moneta (la litra di bronzo) raffigurante l’effigie della testa della statua di Re Gelone.

  • Anno 212 a.C. Il console romane Marcello, conquistata Siracusa dopo un assedio di due anni, fa trasportare a Roma moltissime opere d’arte (Tito Livio, Storie, 25). Tra queste, quasi certamente, anche il gruppo scultoreo di Gelone che, fino ai rimaneggiamenti urbanistici di Caracalla, sarà esposto nell’area di Porta Capena

  • IV sec. d.C. Il gruppo scultoreo di Gelone viene imbarcato per l’ultimo suo viaggio, destinazione Costantinopoli, probabilmente per adornare le Terme di Zeuxippos come era già successo a tantissimi altri originali greci trasportati da Roma a Bisanzio dopo la fondazione della nuova capitale dell’Impero d’Oriente. Ma al largo di Kaulonia un’improvvisa tempesta dovette far naufragare la nave oneraria romana.

  • 16 agosto 1972 Dopo mille e settecento anni, un subacqueo dilettante nei fondali vicino a Riace scopre i bronzi e denuncia la sua scoperta. Ne verranno recuperati solo due.

Nessuno saprà mai se i bronzi partirono in tre o in due da Roma, né se vi giunsero in due o in tre, né meno che mai se, nei giorni prima del recupero, i bronzi insabbiati nei fondali di Riace fossero stati due o tre. Ciò che ci sentiamo di dire, alla luce di questa ricostruzione dei fatti, è che i bronzi in origine furono quasi certamente tre e che quelli oggi esposti presso il Museo di Reggio Calabria raffigurano con ogni probabilità Gelone (il bronzo B) e Ierone (il bronzo A), … i “Dinomenidi”.

Che dire in conclusione ?

Ogni ipotesi conserva un suo fascino proprio perché “ipotesi”. Né, tanto meno, nel rivendicare la probabile paternità siciliana dei bronzi, nessuno vuole togliere a Reggio ciò che la casualità di un naufragio ha voluto regalare. Ma una cosa è certa. Ed è il fatto che col pretesto dei bronzi di Riace e del fitto mistero che aleggia su di essi, abbiamo avuto l’opportunità di tornare a viaggiare dentro un’epoca di infinito fascino, di riscoprire un’antica e nobilissima città dalla civiltà millenaria e soprattutto di riscoprire il “Re Nudo”. Di riscoprire, cioè, un personaggio storico di grandissimo rilievo nel panorama non solo siciliano, ma dell’intero mondo greco antico. Un uomo dall’eccezionale spessore morale, amato e protetto dallo stesso popolo che lo volle Re. Un uomo che, a distanza di venticinque secoli, conserva intatto il fascino della straordinaria lezione etica e politica che ci ha saputo trasmettere, in un epoca ahimè in cui manchiamo dell’altissima tensione morale ed intellettuale che contraddistinse i nostri antichi padri.

Anselmo Madeddu


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