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Collegi elettorali, Lentini, Carlenti e Francofonte al collegio di Catania gli altri 18 comuni accorpati al collegio di Ragusa

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Quello che per mesi si è tramato, ora si è materializzato: Siracusa, parafrasando il sommo poeta, non sarà più, ammesso che lo fosse mai stata, signora di provincia, ma un volgarissimo “bordello”! Lo dichiara l’On. Vincenzo Vinciullo, Presidente F.F. della Commissione ‘Bilancio e Programmazione’ all’ARS.

E’ questo il risultato finale, sicuramente straordinario, a cui è giunta la Deputazione nazionale della provincia di Siracusa.

La provincia di Siracusa, infatti, verrà smembrata su due collegi elettorali: Lentini, Carlentini e Francofonte andranno con la provincia di Catania, i rimanenti 18 comuni con la provincia di Ragusa.

Nemmeno i borboni, in seguito all’insurrezione del popolo siracusano del 1837, erano riusciti ad umiliare fino a questo punto la nostra terra. In quel caso, infatti, il capoluogo passò da Siracusa a Noto, ma sempre in provincia di Siracusa rimase.

Siracusa, la capitale tanto invidiata della civiltà dell’occidente, la capitale, per alcuni anni, dell’Impero Romano d’Oriente, la nazione che per secoli fermò con coraggio l’avanzata di Cartaginesi, Etruschi e Romani, il popolo eletto da Platone e dalla regina Amalasunta, nonché dalla regina Bianca come modello di civiltà e di democrazia, da oggi non avrà più rappresentanti nel Parlamento nazionale.

Smembrata la provincia, ha proseguito l’On. Vinciullo, le potenzialità elettorali sono state definitivamente disinnescate, troppo piccoli i collegi per non essere i figli di risultati elettorali determinati da fatti localistici e campanilistici.

Di tutto ciò a chi dobbiamo dire grazie?

Un fatto è certo: inizia da oggi lo smembramento della Nostra Terra, la perdita della nostra identità, e l’umiliazione della nostra civitas e del nostro rimanente orgoglio.

Ma possiamo rimanere ancora indifferenti come se la cosa non ci riguardasse?

Siracusani, alziamoci, riprendiamo il cammino, sfidiamo il destino avverso, alziamo la testa! Non possiamo, ha concluso l’On. Vinciullo, morire di inedia per insipienza culturale morale e politica.


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