Floridia, presentato il libro “L’Albatro” della giudice e scrittrice Simona Lo Iacono


FLORIDIA – Una sala gremita da un pubblico di lettori e studiosi ha seguito con interesse la presentazione del nuovo romanzo della giudice e scrittrice Simona Lo Iacono L’Albatro (Neri Pozza, 2019) tenutasi domenica scorsa al Museo Nunzio Bruno di Floridia nell’ambito della rassegna letteraria Memorie di Donne ideata da Cetty Bruno, direttrice del Museo ed editrice, la quale ha ringraziato i convenuti e presentato l’autrice e il relatore. Il libro, che racconta due momenti cruciali della vita dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del capolavoro Il Gattopardo, è stato presentato dal semiologo e critico letterario Salvo Sequenzia. L’autrice ha infine spiegato la genesi del romanzo e il suo messaggio. L’evento è stato impreziosito da un quadro vivente ideato da Giovanna Tidona dell’associazione Ninphea con gli straordinari costumi d’epoca realizzati dalla stilista Stefania Federico ed impersonato dalla stessa Tidona, nelle vesti di Beatrice Tasca di Cutò, madre del principe, da Mattia Calcagno (Giuseppe Tomasi bambino) e Gabriele Saccuzzo (Giuseppe Tomasi da giovane) dell’Istituto De Amicis di Floridia.
Nella sua lettura critica Sequenzia ha collocato il romanzo nell’ambito di quella che lo studioso floridiano, in un saggio pubblicato nel 2014 dal titolo Scritture Verticali, ha definito la “linea siracusana”, nella quale accomuna un gruppo di scrittori aretusei, in cui già brillava l’opera della Lo Iacono, legati a una illustre tradizione della letteratura siciliana rappresentata da autori quali Verga, De Roberto, Pirandello, Sciascia, Consolo, Bufalino e lo stesso Tomasi di Lampedusa. L’analisi critica del romanzo proposta da Sequenzia sarà riproposta Venerdì 15 novembre alle ore 18 a Villa Reimann a cura dell’associzione Ninphea, del Soroptimist di Siracusa e del Consorzio Universitario Archimede.
Per Sequenzia L’albatro è un romanzo che eredita una importante tradizione letteraria che si rivela nell’opera della Lo Iacono punto di riferimento ancora fondamentale e imprescindibile per leggere il malessere e i conflitti che caratterizzano la società contemporanea.
Così si è espresso Sequenzia sul romanzo della Lo Iacono: «È la Sicilia uscita fuori dalla penna del principe scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa a provocare e ad alimentare la «fantasticheria» cui la scrittura metamorfica di Simona Lo Iacono ha dato corpo nel suo romanzo snidando tra le pieghe de Il Gattopardo l’«intimità e la storia», impastando verità e finzione e svelando il mistero dell’esistenza di uno degli scrittori più controversi e studiati della letteratura europea del Novecento. L’albatro si apre al lettore come una storia-dittico in cui la voce narrante vede e racconta con gli occhi e con la bocca dello stesso Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che fa affiorare dal flusso inarrestabile delle sue memorie due momenti estremi della sua esistenza che l’autrice lega nelle due parti che compongono il romanzo: Dal dritto al rovescio e Dal rovescio al dritto. Nella prima parte è narrata la fanciullezza spensierata del «principuzzu», avida di scoperta e di conoscenza e vissuta nell’estate del 1903 tra i fasti del palazzo avito di Palermo e gli svaghi della dimora di villeggiatura di Santa Margherita Belice in compagnia del coetaneo Antonno, il suo albatro fedele e inseparabile, anima libera e inesplicabile come la poesia di Baudelaire da cui il romanzo prende il titolo. La scrittrice tratteggia un mondo rumoroso, colorato, avvinto nel suo miraggio di eternità eppure presago del suo imminente disfacimento. È un mondo insidiato dagli umori del dio Mercurio, presenti nelle speculazioni matematiche del principe astronomo discendente da una schiatta di nobili santi e contemplativi, e in una folla di personaggi che attraversa il romanzo: i cugini Piccolo di Calanovella, la favolosa Bellina e lla Donna di fuora, il fedele amministratore don Nofrio”.
“La seconda parte del romanzo – aggiunge Sequenzia – accoglie l’epilogo della vita del principe, segnata dalla malattia che lo porterà in una clinica a Roma nell’estate del 1957 accompagnato dalla folla dei ricordi palermitani con le lezioni di letteratura inglese e francese e le frequentazioni con il «fiutatore di verità» Francesco Orlando, dalle premure della moglie Licy, che fu allieva di Freud ed una delle donne medico più colte ed emancipate del suo tempo; del figlio adottivo Gioacchino Lanza Tomasi e dalla incursione di quei fantasmi che, già nel lontano 1954, affollavano la sua mente prendendo consistenza, infine, nel progetto del romanzo. Il Gattopardo fu più volte rifiutato da editori come Einaudi e Mondadori mentre lo scrittore ancora in vita e, successivamente, fu pubblicato nel 1958 da Feltrinelli, come apprendiamo dall’Epilogo al romanzo che ha tono testamentario: Il dritto del rovescio. L’albatro è una storia di un affratellamento e di affratellamenti. L’affratellamento è quello tra «Giuseppuzzu» e Antonno, che ha ricevuto il dono dell’invenzione. Antonno, creatura melancolica, intaglia pezzetti di legno trasformandoli in figure, i suoi «lupiceddi», che popolano un mondo altro e avverte il rovescio che si annida nella trama della realtà: quel rovescio da cui scocca l’incanto della poesia. Personaggio che appare e dispare, ad Antonno Simona Lo Iacono affida il destino e l’essenza stessa del fare poesia e dello scrivere, che per la scrittrice è un destino ed una vocazione di verità e di «resistenza» all’eterna vicenda di metamorfosi ineluttabile e al destino di inconsistenza che governa le cose: «Delle parole le dissi subito ciò che pensavo. Che servono a resistere, ancor prima che a rivelare».
“Nella personale – prosegue -, intima visione della scrittrice la verità occupa un posto di primo piano individuabile trasversalmente tanto nella produzione letteraria, dalle prime attestazioni (I semi delle fave, 2006; Tu non dici parole, 2008; La coda di pesce che inseguiva l’amore, 2010; Il Cancello, 2012) sino a quelle mature (Effatà, 2013; Il Morso, 2017), quanto nel suo lavoro di magistrato e nell’engagement civile e che consiste e si concretizza nell’attenzione verso gli ultimi, nel loro ascolto, nel prendersi carico del loro fardello e della loro storia come risarcimento di quella ferita che ha inferto loro l’esistenza. Il compito di uno scrittore, per Simona Lo Iacono, è quello di fare emergere il dritto della verità dal rovescio delle cose attraverso la scrittura, senza compromessi e senza banalizzazioni, affidandola alla letteratura che la manifesta al mondo nel “dritto del suo rovescio”, ovvero nel paradosso irriducibile della sua contraddizione, come atto di risarcimento e di misericordia. In tal senso, la verità diviene all’interno dell’universo narrativo di Simona Lo Iacono non soltanto una pratica gnoseologica ed etica, ma anche, ed essenzialmente, un atteggiamento esistenziale, una condizione. È l’avvertimento di questa condizione comune ad affratellare la scrittrice a un altro illustre conterraneo, Leonardo Sciascia, il cui romanzo A ciascuno il suo, pubblicato nel 1966, suggerisce la frase che compare nell’esergo del romanzo: «L’indizio della verità è sempre nel rovescio di ogni parola». Frase che assume un valore di testimonianza e, oserei dire, una dichiarazione di metodo. A ciascuno il suo è un romanzo in cui l’ingenuo e sciagurato protagonista, il professore Laurana, scoprirà la verità a costo della vita leggendo il rovescio delle parole, dei fatti e degli avvenimenti legati a un delitto di mafia. Gli affratellamenti si danno, dunque, nel farsi carico di una condizione che accomuna. La giovane scrittrice si riconosce in Tomasi di Lampedusa e in Sciascia, nel loro destino di resistenza e di ricerca della verità attraverso la letteratura, a qualsiasi costo. Vibra un’ansia di verità nella scrittura di Simona Lo Iacono, insieme a una capacità di affondare lo sguardo scrutando nel fondo oscuro del dolore e della miseria umana».