Petrolchimico Siracusa, Bivona (Confindustria): “Sanzioni alla Russia pericolose oltre le loro finalità”


SIRACUSA – Presa di posizione del presidente di Confindustria Siracusa, Diego Bivona, sui pacchetti di sanzioni decisi dal Consiglio europeo a carico della Russia (ieri il quarto) nonché dagli Stati Uniti. Nel polo petrolchimico siracusano, insistono infatti gli stabilimenti Isab di proprietà della più grande compagnia petrolifera russa, Lukoil (nella foto di repertorio).
Pubblichiamo integralmente qui di seguito la lettera aperta del presidente di Confindustria Siracusa, che definisce le sanzioni alla Russia “pericolose oltre le loro finalità”.
“Eravamo tutti consapevoli di dovere pagare un prezzo elevato per le sanzioni promosse contro la Russia di Putin per dissuaderlo dall’invasione dell’Ucraina (soprattutto noi italiani che negli anni passati ci siamo sempre opposti ad impianti energetici di qualunque tipo, come se l’energia fosse un optional), ma non pensavamo si potesse andare oltre le intenzioni della stessa Comunità Europea. Difatti l’effetto di tali sanzioni rischia di essere molto più grave di quello ragionevolmente attendibile a causa del rischio percepito, per il cosiddetto effetto di “over compliance”.
La demonizzazione di qualunque cosa sia riconducibile, ancorché lontanamente, alla Russia sta infatti causando un eccesso di cautela e la sospensione dei normali rapporti commerciali anche nei confronti di società industriali di diritto italiano con sede legale in Sicilia, a tutti gli effetti aziende italiane, che per il solo fatto che il loro azionista di maggioranza svizzero è una società privata russa, non statale e non sanzionata, si vedono negare la fornitura di servizi e parti di ricambio essenziali ai fini della produzione.
Tale linea di condotta, lungi dall’arrecare danno al governo russo, sta invece causando seri problemi al polo industriale siracusano, che ha svolto un ruolo fondamentale durante l’emergenza Covid-19 e in particolare alle piccole e medie imprese appaltatrici, che si vedono improvvisamente interrompere il normale flusso finanziario derivante dalle anticipazioni da parte degli istituti di credito e rischiano di compromettere la propria stabilità economica e la propria stessa sopravvivenza.
L’eccesso di cautela emerso in questi giorni, privo di fondamento in quanto le aziende che lo subiscono non sono in alcun modo destinatarie delle sanzioni promosse dall’Unione Europea, rischia di scatenare un “effetto valanga”, in grado di travolgere molte delle realtà produttive della nostra provincia che, ancora molto deboli a causa della crisi sanitaria da cui non si sono completamente riprese, sono costrette ad affrontare una crisi energetica che comporta costi che da soli sopravanzano in taluni casi i ricavi della produzione.
È urgente un intervento delle Autorità pubbliche, con particolare riferimento al Ministero dell’Economia e Finanza, per ricondurre a concretezza e realtà la percezione del rischio corrente, prima che il danno indotto diventi irrimediabile per la chiusura di aziende grandi, medie e piccole che, nelle circostanze attuali, non avrebbero alcuna speranza di poter riprendere a operare”.
Per contestualizzare, ricordiamo che ieri il Consiglio Ue ha dato via libera al quarto pacchetto di sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina, decise in coordinamento con gli Usa. Le misure, annunciate da Ursula von der Leyen venerdì scorso e approvate definitivamente ieri, includono, come sintetizzato dall’agenzia di stampa adnkronos.com: il divieto di ogni transazione con alcune imprese statali russe operanti in diversi settori, essenzialmente il complesso militare-industriale del Cremlino; il divieto di importare alcuni prodotti siderurgici, che dovrebbe costare alla Russia 3,3 miliardi di euro di ricavi; il divieto di esportare beni di lusso in Russia dall’Ue, come auto di lusso e gioielli “per colpire direttamente le élite russe” viene allungata la lista delle persone e delle entità sanzionate; viene infine vietato alle agenzie di rating attive nell’Ue di dare rating alla Russia come emittente e alle società russe, misura che ostacolerà ulteriormente l’accesso di Mosca ai mercati finanziari.