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Siracusa, illustrata l’attività del recupero del barcone naufragato il 18 aprile 2015. Intervento del sottosegretario Manzione

SIRACUSA – Il Commissario Straordinario per le Persone Scomparse Prefetto Vittorio Piscitelli nei locali della Camera di Commercio di Siracusa, il  sottosegretario di Stato all’Interno Dr. Domenico Manzione, il prefetto di Siracusa Armando Gradone, il Comandante di MariSicilia Contrammiraglio Nicola De Felice e la dott.sa Cattaneo della Labanof hanno tenuto una conferenza stampa dove hanno illustrato  l’attività di identificazione delle vittime del naufragio del 18 aprile 2015. All’evento hanno partecipato  autorità istituzionali, Accademici, Associazioni ed Organizzazioni umanitarie, nonché la stampa nazionale ed estera. Sono state  evidenziate, con l’occasione, i risultati raggiunti e le ulteriori attività in corso da parte dell’Ufficio. Tra queste, quelle indirizzate alla acquisizione degli ulteriori dati “ante mortem”, provenienti dai familiari, avvalendosi del contributo del Ministero degli Affari Esteri, attraverso le rispettive sedi diplomatiche, nonché delle Associazioni/ONG coinvolte.

Abbiamo sentito il sottosegretario all’Interno Manzione, il quale ci ha dichiarato: “Il recupero è stato obiettivamente molto difficile, l’identificazione un momento di estrema difficoltà. I dati che abbiamo finora sono dati parziali perché fanno riferimento a 551 identificazioni a cui ha fatto seguito la tumulazione. Era un impegno che il governo per bocca del presidente del consiglio si era assunto, è un impegno che stiamo cercando di portare a termine per rispondere a una esigenza fondamentalmente di umanità, cioè dare dei nomi, dei volti alle persone che sono sotto il mare e anche alle persone che eventualmente si sono messi alla ricerca di chi sta in fondo al mare. Sono però anche un monito per l’Europa, perché l’Italia tiene fede ai suoi impegni di carattere umanitario, di soccorso e di accoglienza e ci aspettiamo che l’impegno sia onorato anche dal resto degli stati europei”.

Ha specificato: “Il numero delle persone che si trovano sotto il mare è probabilmente quello che abbiamo registrato nel corso degli interrogatori che sono stati resi alla Procura della Repubblica di Catania. Quindi verosimilmente, dal numero dei corpi recuperati fino ad oggi, le testimonianze acquistano una loro attendibilità, secondo le quali in fondo al mare ci sono circa 700/800 persone e di questi corpi integralmente recuperati, di cui si sta procedendo all’identificazione, sono 551. Ci sono altri resti sui quali sta lavorando l’equipe di medico legali. La tumulazione è avvenuta in Sicilia, ovviamente con una distribuzione territoriale su varie aeree di cui eventualmente siamo in grado di dare i dettagli”.

Per quanto riguarda se ci sono state delle richieste da parte di parenti, il sottosegretario ci ha risposto: “Allo stato attuale non sono moltissimi è difficile dare delle cifre precise, ma, vi posso dire che molto spesso ci sono persone che si muovono dall’altra parte dell’Africa per cercare dei parenti scomparsi. L’attestato più significativo del senso di appartenenza rispetto alla terra da cui son venuti deriva dal fatto che insieme ad una delle salme abbiamo ritrovato anche un sacchetto di terra, la terra d’origine delle persone che sono o hanno cercato di venire in Europa e purtroppo non ce l’hanno fatta e sono rimasti in fondo al Canale di Sicilia”.

Un altro punto su cui il sottosegretario si è soffermato con i giornalisti è la destinazione del barcone: “La destinazione del barcone potrebbe essere Bruxelles  – ha dichiarato Manzione – perché il Presidente del Consiglio ci terrebbe molto a che sia portato fino lì a monito di quello che succede in mezzo al Canale di Sicilia, in mezzo al Mediterraneo e quindi perché l’Europa possa contribuire fattivamente a quegli obiettivi di umanità e di accoglienza che invece la Sicilia e tutta l’Italia sta dimostrando ampiamente. L’attività delle forze dell’ordine, l’attività della Marina Militare, della Guardia Costiera ma anche di organizzazione umanitarie, perché ce ne sono molte che hanno navi in mare. Persino l’attività dei civili, perché la nave che interviene sul posto non è detto che sia militare: in genere interviene la nave che è più vicina all’obiettivo che si trova in difficoltà, è tutta encomiabile è forma tutta insieme una squadra veramente formidabile che ha consentito di salvare moltissime vite umane, però è evidente che sul mare comunque la rotta mediterranea si rivela la più pericolosa tra le rotte migratorie, perché mediamente ci sono tra 3000 e 3500 morti all’anno”.

In conclusione, un appunto sulle relazioni con Bruxelles: “L’Europa ci ha chiesto di fare alcuni hotspot e li abbiamo fatti, ci ha chiesto di incrementare il numero di hotspot e lo abbiamo fatto, ci ha chiesto di fare le procedure di identificazione anche fuori dagli hotspot e lo abbiamo fatto, ci ha chiesto di far crescere il nostro sistema di accoglienza e lo abbiamo fatto, ci ha chiesto di velocizzare le procedure e ora ci aspettiamo che la relocation, che è stata approvata dall’Europa, abbia un seguito rispetto agli impegni che sono stati assunti in sede europea. Vuol dire ridistribuzione all’interno degli stati europei dei migranti che arrivano sul territorio”.


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