Aspettando il prossimo terremoto nel Siracusano: cosa occorre fare


Terremoti ed eruzioni vulcaniche sono facce della stessa medaglia. La Sicilia orientale le mostra entrambe, con l’Etna annoverato tra i vulcani più attivi al mondo e con le faglie della Scarpata Ibleo-Maltese che in passato hanno prodotto alcuni dei più violenti sismi mai accaduti in Italia. Questo assetto geodinamico tanto attivo è ben evidenziato dalla Carta della Pericolosità Sismica elaborata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) che mostra, in particolare, come il territorio della provincia di Siracusa sia particolarmente esposto a scuotimenti sismici violenti potenzialmente distruttivi (vedi immagine in evidenza).
Ma dai terremoti possiamo difenderci. Perché non è il sisma che uccide le persone, sono le case che crollano loro addosso ad ucciderle. E perché sappiamo dove e con quale energia il prossimo terremoto accadrà, anche se non possiamo dire quando. In questo caso, l’unica difesa possibile è quella “passiva”: nelle zone a maggiore pericolosità sismica dobbiamo costruire con criteri antisismici. Ma neanche questo è sufficiente per salvarci la vita.

Fratture co-sismiche tagliano il manto stradale. La Microzonazione Sismica serve anche per circoscrivere queste aree, al fine di adeguare i manufatti alle caratteristiche sismo-tettoniche del territorio.
Negli ultimi decenni, infatti, è stato notato che i terremoti colpiscono in modo eterogeneo un territorio, danneggiando maggiormente i manufatti costruiti su certi tipi di terreni piuttosto che su altri. E così, nel 2009, lo Stato Italiano ha istituito un fondo destinato alla prevenzione del rischio sismico, co-finanziando studi di Microzonazione Sismica (Legge 77/2009). Attraverso questi studi si caratterizzano le zone di territorio suscettibili di amplificazione locale delle onde sismiche e le zone soggette a instabilità (frane, rotture della superficie per faglie e liquefazioni dinamiche del terreno). La Microzonazione Sismica è diventata, quindi, uno strumento di prevenzione di formidabile importanza, da attuare con tre progressivi livelli di approfondimento (1°, 2° e 3° livello), propedeutici per qualunque tipo di intervento di adeguamento antisismico di manufatti.
In provincia di Siracusa, solo 8 Comuni su 21, segnatamente Buccheri, Canicattini Bagni, Floridia, Lentini, Palazzolo Acreide, Priolo Gargallo, Siracusa e Sortino (vedi immagine in evidenza), sono dotati di studi di Microzonazione Sismica di primo livello, cioè quello meno approfondito (D.D.G. n. 620 del 04/12/2013). Spicca, in particolare, l’assenza di questo studio per i Comuni di Noto ed Augusta, i cui territori sono stati maggiormente colpiti da forti terremoti rispettivamente nel 1693 (M=7.4, il più forte evento sismico avvenuto negli ultimi 1000 anni in Italia) e nel 1990 (M=5.4). Perché siamo tanto indietro proprio nella zona sismicamente più pericolosa d’Italia, caratterizzata anche dalla presenza di un polo petrolchimico di dimensioni enormi, rappresenta un drammatico mistero.
Ma non ci sono solo cattive notizie. Sull’onda emotiva del terribile terremoto che ha colpito il centro Italia lo scorso 24 Agosto, due giorni dopo il capo della Protezione Civile Siciliana ing. Foti annunciava al Tgr Rai che nei prossimi due anni saranno investiti 17,5 milioni di euro destinati al completamento degli studi di primo livello di Microzonazione Sismica in Sicilia.
Glissando sul tempismo dell’annuncio, preferiamo evidenziare, piuttosto, che alle parole devono seguire i fatti, subito. Perché i terremoti non aspettano la burocrazia, perché agli studi di primo livello devono seguire anche gli approfondimenti successivi (2° e 3° livello), e perché gli studi dovranno successivamente tradursi in azioni concrete sui manufatti a rischio di crollo. Un lavoro immane, lungo ed oneroso, ma assolutamente necessario, per non aspettare, colpevolmente inerti, la prossima tragedia annunciata.
Marco Neri*
*Primo Ricercatore, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sezione di Catania, Osservatorio Etneo