Embargo petrolio russo, raffineria Isab Lukoil e zona industriale tremano. Cgil annuncia manifestazione


SIRACUSA – Embargo al petrolio russo via mare (i due terzi del totale) entro l’anno, con temporanea deroga per l’importazione via oleodotto. Questa la sostanza del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, per la guerra in Ucraina, accordo raggiunto ieri sera dai leader dei 27 Paesi in sede di Consiglio europeo straordinario. Entra in fibrillazione il quadrilatero industriale di Priolo-Augusta-Melilli-Siracusa, che vede oggi sempre più concreto il rischio di chiusura della raffineria Isab Lukoil di Priolo per le sanzioni internazionali che al contempo ne pregiudicano l’accesso al sistema creditizio necessario a ottenere fonti alternative e la priveranno del greggio russo rifornito dalle petroliere.
Se parte della deputazione del territorio invoca ancora una volta un “tavolo nazionale”, giacché l’atteso tavolo tecnico pomeridiano con il viceministro dello Sviluppo economico, Alessandra Todde, è stato “interlocutorio” (e per di più, secondo L’Espresso, nessuno dello staff del ministro Giorgetti si è collegato), i primi a reagire con fermezza sono i sindacati, in particolare la Cgil siracusana, che annuncia una “manifestazione di protesta” generale per venerdì 10 giugno dalle ore 8 nel piazzale antistante alla portineria Isab Nord.
“È giunto il momento di inasprire la lotta, battere i pugni sul tavolo e gli scarponi per terra come si faceva una volta – dichiara Roberto Alosi, segretario generale della Cgil aretusea – Non vorrei che qualcuno scambiasse la buona educazione, il buonsenso e il forte richiamo alla responsabilità sociale fini qui dimostrati, per debolezza”. “Abbiamo chiesto invano al presidente Draghi un tavolo di confronto autorevole dove venga tracciato un percorso condiviso. Ma così non è stato. E a Priolo il rischio che salti l’intero sistema di raffinazione – aggiunge – si fa ogni giorno sempre più concreto”.
“Il settore della raffinazione ha cicli di investimento di 6-7 anni. Se le nostre imprese smettono di investire oggi, al 2030 i nostri impianti non ci arrivano – paventa Alosi – Chiuderanno prima, molto prima. Con una doppia beffa: da una parte il Paese non avrà il petrolio da raffinare in prodotti di cui ha ancora bisogno, dall’altra 10.000 posti di lavoro andranno in fumo. Per queste ragioni, invitiamo tutti, lavoratori, sindaci, rappresentanze politiche, istituzioni, imprese e l’associazionismo civico ad unirsi a noi venerdì 10 giugno”.
Vera Carasi, segretario generale della Ust Cisl Ragusa Siracusa, e Alessandro Tripoli, segretario generale della Femca Cisl territoriale, non nascondono disappunto e preoccupazione dopo le notizie arrivate da Bruxelles. “Non si tratta di andare contro il sistema sanzionatorio – sottolineano i due segretari in una nota congiunta – ma pare che il Governo abbia preso sotto gamba il problema, quasi scherzando con la vita dei lavoratori sia diretti che dell’indotto che da gennaio non conosceranno quale sarà il futuro. Quali saranno i passi della Lukoil se non riuscirà a lavorare altro greggio non è dato sapere, ma ci auguriamo che non si percorrano strade già battute come lo smaltimento delle ferie e la cassa integrazione che avrebbero effetti economici ancor più pesanti per l’intero territorio”.
La Cisl, parte della deputazione siracusana nonché il governo regionale auspicano il completamento dell’iter, da parte del Ministero dello Sviluppo economico (Mise), di riconoscimento per il polo petrolchimico del Siracusano di “area di crisi industriale complessa”, come già avvenuto per i poli industriali di Termini Imerese e Gela, passo ritenuto dai più propedeutico agli investimenti per la transizione energetica.
“Sapere da un’agenzia di stampa che dopo sette mesi il Mise sarebbe pronto a valutare la dichiarazione di area di crisi complessa per il petrolchimico siracusano lascia sgomenti”, è infatti l’affermazione dell’assessore alle Attività produttive della Regione siciliana, Mimmo Turano, commentando l’indiscrezione diffusa da fonti dello stesso ministero sull’imminente valutazione della richiesta regionale. “Il Governo Musumeci – continua Turano – ha presentato ben sette mesi fa dopo un lavoro di oltre un anno con imprese e sindacati e altri attori istituzionali la richiesta di area di crisi, purtroppo nessun tipo di risposta ci è stata data nonostante abbia personalmente scritto ben quattro volte al ministro Giorgetti”. “Allo stato – conclude l’assessore regionale – c’è solo un tavolo convocato dal viceministro Todde che ancora una volta viene definito interlocutorio. Non è più tempo di massimi sistemi, il Governo nazionale ci deve dire cosa vuole fare, che progetti ha sul petrolchimico siracusano”.