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Noto, le opere di Agostino Arrivabene al Convitto delle Arti: una mostra che immerge il fruitore in una “dimensione estatica”

NOTO – La Sala Volte del Convitto delle arti di Noto è stata aperta al pubblico sabato 9 settembre ed ospiterà fino al 22 ottobre “Naht-Blitz”, la personale di Agostino Arrivabene. La mostra, a cura di Giuseppe Stagnitta, è promossa da Fenice Company Ideas in collaborazione con la Galleria Giovanni Bonelli, con il patrocinio del Comune di Noto.

“La mostra vive di un allestimento sospeso ed essenziale – commenta il curatore Giuseppe Stagnitta – che immerge il fruitore in una dimensione estatica, sacrale, in un religioso silenzio. La morte cristallizzata dalla sua pittura viene trasformata taumaturgicamente in attrazione seduttiva. L’angoscia di morte si risolve materializzandosi, attraverso archetipi della mitologia antica, in carne/pittura cicatrizzata da una mistica della carne come corpo spirituale. La dicotomia cartesiana si risolve nel lavoro di Arrivabene in anima materiale della mente incarnata. La pittura diventa tessuto cicatriziale che nasconde e si rivela nello stesso istante, ingressi dove il ‘divino’ innesta nuova vita in quei simulacri di carne e pittura, vista come carne metaforica e metamorfica del corpo, dove il non finito diventa apertura, confronto aperto con la ferita, con l’insulto dell’esistere: la morte”.

La pittura diventa taumaturgica in Agostino Arrivabene attraverso una sublimazione medianica di un influsso mistico, e il titolo della mostra rappresenta bene questo processo, Blitz/Lampo, termine tedesco preso in prestito da Jakob Böhme, un teosofo e mistico del 1600, che scrivendo il suo delirante o ispirato Morgenröte (Aurora Nascente) “ci trascina nella rivelazione che avviene sotto forma di lampo che all’improvviso sotto la tensione di un’anima angosciata, si accende: accende ed incendia” (Jakob Böhme, Aurora Nascente a cura di CeciliaMuratori, Mimesis 2007, Milano). La differenza in Arrivabene come in Bhöme sta proprio in questo, Dio non scende a visitare l’uomo ma ad impossessarsi di lui, per renderlo suo strumento, annullando la volontà del singolo ed affermando il suo supremo ed incomprensibile volere.

Le opere presentate in questa mostra sublimano stati estatici, o postumi a dolorose lacerazioni, ferite che si rimarginano in suture (Naht): la pittura diventa tessuto cicatriziale che nasconde e si rivela nello stesso istante, ingressi dove il divino innesta nuova vita in quei simulacri di carne e pittura, vista come carne metaforica e metamorfica del corpo. In alcuni dipinti l’artista esprime un’informalità della materia pittorica per lasciare scoperto un “non finito”, come fosse una ferita aperta e pulsante. In altri dipinti invece, tutto questo viene rimarginato attraverso la vestizione di una pittura più riscritta, ricamata, ricucita come per medicare una muscolatura scorticata dal suo derma, un’incompiutezza che esprime qualcosa da nascondere e sempre attraverso i rimandi di una pittura di rinascimentale memoria. Al centro della sala una scultura in bronzo patinato con innesti pittorici chiude il percorso mistico di questa mostra: simulacro bronzeo dedicato all’Arcangelo Michele, rituale protettivo che addensa in sé paganesimo e cristianesimo, i due mondi religiosi che si disputano l’anima dell’artista sin dagli esordi del suo percorso.


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