L’OIM ha presentato il nuovo “Rapporto Mondiale sulla Migrazione 2015 – Migranti e Città: nuove collaborazioni per gestire la mobilità”.
Il rapporto, l’ottavo della serie dei “World Migration Report” dell’OIM, analizza l’evoluzione della città a contatto con la migrazione e le dinamiche esistenti fra i migranti e la città, con i suoi abitanti, le sue strutture e le sue leggi.
“Il rapporto si concentra sull’influenza della migrazione sulle città e su come la realtà dei migranti in città – la maniera in cui vivono, lavorano e modellano questa nuova realtà – aiuti a scoprire una profonda relazione tra mobilità umana e sviluppo urbano,” ha affermato June Lee, Il caporedattore della pubblicazione.
Secondo i dati che emergono dal rapporto, circa un migrante su cinque vive nelle 20 città più grandi del mondo, nella maggiorparte dei casi costituendone più di un terzo della popolazione.
Inoltre, più del 54 per cento della popolazione mondiale ha vissuto in zone urbane nel 2014. Si prevede che, entro il 2050, la popolazione urbana passerà dagli attuali 3,9 miliardi a ben 6,4 miliardi. La migrazione ha incentivato l’aumento dell’urbanizzazione, rendendo le città posti molto più diversificati dove vivere.
Quando si parla di migranti e città ci si riferisce spesso all’integrazione dei migranti nei paesi del nord del mondo: il rapporto OIM, ha spiegato Lee, adotta invece una prospettiva più globale, ponendo una particolare attenzione alla situazione dei migranti nelle città dei paesi del sud del mondo. Perciò, per la prima volta nella serie dei World Migration Report, il rapporto 2015 analizza sia i flussi migratori interni sia quelli internazionali.
Un dato fondamentale emerso dal rapporto è che la mobilità umana sta aumentando e continuerà ad essere prevalentemente concentrata nel contesto delle grandi città. “Allo stesso tempo, la geografia dei flussi migratori sta cambiando in linea con l’evoluzione dell’economia mondiale”, ha sottolineato Lee. “I migranti sono per esempio sempre più attratti dalle città di quei paesi che vivono una forte crescita economica, come in Asia Orientale, Brasile, Africa Meridionale e India Settentrionale”.
La migrazione Sud-Sud, che, come si evince dal rapporto, è un fenomeno caratteristico dei paesi di reddito basso e medio, continua ad aumentare, e infatti sempre più spesso le città dei paesi in via di sviluppo sono diventate luoghi sia di immigrazione sia di emigrazione.
Altri fattori importanti analizzati nel rapporto sono i benefici e rischi che la crescente migrazione verso le città comporta per i migranti stessi e per le comunità e i governi delle città in questione. “La super-diversità implica sfide, come il fenomeno della segregazione residenziale, che ha luogo quando alcuni gruppi etnici, di una data nazione o status socio-economico, si concentrano tutti in quartieri specifici delle città. Nonostante ci siano anche effetti positivi legati al raggruppamento etnico, si cerca spesso di evitare che la segregazione residenziale diventi una realtà permanente”, ha spiegato Lee.
Il rapporto mette in luce la realtà multietnica di molte città dei paesi meno sviluppati e il tipo di flusso migratorio misto che caratterizza questi paesi, dove tra l’altro vi è spesso anche una concentrazione particolarmente alta di sfollati e di migranti “bloccati” mentre viaggiano verso altre destinazioni.
Sottolineando il fatto che molte città non hanno sufficienti risorse o motivazioni per diventare davvero inclusive, il rapporto suggerisce che venga creata una piattaforma di discussione su “migrazione e urbanizzazione”, che valorizzi conoscenze, capacità e sforzi e promuova politiche in grado di sviluppare “governance” urbane sempre più inclusive.
“Dobbiamo capire quale ruolo possa essere svolto dalle comunità e dalle organizzazioni internazionali, tenendo sempre a mente che le buone pratiche dei paesi più sviluppati non sono sempre applicabili a livello globale,” ha concluso Lee.
A cura di Salvatore Pappalardo