Mafia, sequestro da un milione di euro al clan Trigila


SIRACUSA – Questa mattina personale della Dia di Catania ha eseguito due decreti di sequestro beni emessi dal Tribunale di Catania nei confronti dell’ergastolano Trigila Antonio Giuseppe, classe 1951, noto come “Pinnintula” e indicato come “capo indiscusso dell’omonimo clan mafioso” operante nella zona sud della provincia di Siracusa, e Trigila Gianfranco, classe 1974, fratello di Antonio Giuseppe, ritenuto “esponente di spicco del medesimo clan”.
Gli accertamenti patrimoniali svolti dalla Dia di Catania nei confronti dei due fratelli Trigila, estesi anche ai rispettivi nuclei familiari, avrebbero consentito di accertare, in base all’attività svolta dai due, la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e gli arricchimenti patrimoniali, considerati dagli investigatori provento dell’attività delittuosa. L’esito della complessa e articolata attività svolta è stato condiviso dal Tribunale di Catania che ha disposto, con i provvedimenti ablativi in corso di esecuzione, il sequestro dei beni, complessivamente stimati in oltre un milione di euro.
Il patrimonio oggetto del sequestro è composto da: compendio aziendale di un’impresa individuale operante nel settore di bar e ristorazioni; un’impresa individuale operante nel settore della fabbricazione di imballaggi in legno; quattro autoveicoli ed un motoveicolo; cinque immobili; rapporti finanziari e disponibilità bancarie.
Nel corso delle indagini svolte nell’ambito dell’operazione di Polizia denominata “Ultimo atto”, nel 2016, era stato accertato, infatti, che l’omonimo clan mafioso, oltre ad essere dedito alle tradizionali attività illecite delle estorsioni, dello smercio di stupefacenti e del gioco d’azzardo, gestiva, direttamente e/o indirettamente, altre attività legate alle risorse del territorio attraverso la fittizia intestazione a terzi di immobili e società.
Dai colloqui in carcere intercorsi fra Trigila Antonio Giuseppe e i suoi familiari, captati nell’ambito delle attività investigative, sarebbe emerso l’interessamento del capo clan nei confronti di un’impresa esercente l’attività di “fabbricazione di imballaggi in legno”, operante nell’indotto del mercato ortofrutticolo di Pachino.
Il Trigila, infatti, si informava in merito agli affari economici dell’azienda e alle somme di denaro provenienti dall’attività svolta che dovevano entrare nelle casse del clan. Inoltre, riferiva chiaramente di aver effettuato un cospicuo investimento nella suddetta impresa, circa “trecentocinquanta milioni” non meglio specificati, per l’acquisto di un macchinario per la costruzione delle cassette. Successivi accertamenti patrimoniali avrebbero permesso di accertare che tale impresa era stata acquistata da Buonora Graziano, genero del capo clan “Pinnintula”.
(foto di repertorio)