Il vulcano trasformista: perché l’Etna è “instabile”


Che l’Etna sia un vulcano attivo lo sanno proprio tutti. Se non altro, ce lo ricorda quel persistente pennacchio di gas emesso dalla sua sommità che si innalza per chilometri nel cielo luminoso di questa estate siciliana. Forse, però, non tutti sanno che l’Etna è annoverato tra i vulcani più attivi e “trasformisti” di tutta la Terra. Nuovi crateri sorgono, vecchie valli vengono riempite di lava, e così succede che, di anno in anno, stentiamo a riconoscere il profilo della nostra “focosa” montagna.

Figura 1 – Crateri sommitali dell’Etna, oggi (in parentesi, l’anno di apertura). All’inizio del XX Secolo esisteva una sola bocca attiva, il Cratere Centrale (orlo a tratteggio giallo). Tutti i crateri sono allineati lungo una struttura (tratteggio grigio) che borda il fianco del vulcano che si muove verso Est (freccia nera).
La sommità dell’Etna è la zona più “trasformista”: poco più di cento anni fa esisteva una sola bocca sommitale, il Cratere Centrale. Oggi ne osserviamo ben cinque, due delle quali (Voragine e Bocca Nuova) interne al “vecchio” Cratere Centrale, mentre le altre tre bocche si accrescono verso Nord-Est e Sud-Est (Fig. 1).
Ma perchè l’Etna cambia? E cosa rende tanto “instabile” il vulcano? Una risposta si può trovare nello studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e dell’Università Roma Tre, che traccia la storia del Nuovo Cratere di Sud-Est, sorto meno di dieci anni fa.
Le cause di questo evento epocale nella recente storia dell’Etna sono state individuate nell’instabilità che caratterizza l’intero fianco orientale del vulcano, soggetto a lenti ma continui movimenti verso Est (da pochi centimetri a vari decimetri per anno). La zona instabile interessa anche l’area craterica sommitale, che si frattura “aprendosi” lungo allineamenti orientati in senso Nord-Sud, Nordest-Sudovest e Nordovest-Sudest. Che sono, appunto, le direttrici strutturali sulle quali sono sorte le nuove bocche sommitali del vulcano.

Figura 2 – Sistema di fratture (frecce nere, “graben”) che collega il Cratere di Nord-Est con la Voragine. La nuova bocca del 7 agosto si apre dove il graben interseca le fratture semicircolari poste all’interno della Voragine.
Gli ultimi eventi confermano questo quadro vulcano-tettonico. La più recente eruzione, avvenuta nel maggio 2016 alla Voragine, è stata accompagnata da vistose fratturazioni del suolo che hanno interessato l’intera area sommitale. Un fianco del Cratere di Nord-Est è collassato al suo interno, ostruendone il condotto. Una depressione strutturale a gradinata (definita tecnicamente “graben”) si è aperta tra il Cratere di Nord-Est e la Voragine, fessurando anche i coni del Cratere di Sud-Est e del Nuovo Cratere di Sud-Est (Fig. 2). L’intero campo di fratture è largo 300 metri e lungo quasi 2 chilometri, ed “apre” la zona sommitale secondo una geometria coerente con i movimenti del fianco orientale del vulcano.

Figura 3 – Gas incandescente viene continuamente emesso dalla nuova, piccola bocca apertasi il 7 agosto all’interno della Voragine, in prossimità del suo orlo orientale.
La nuova bocca degassante, apertasi il 7 agosto in prossimità dell’orlo orientale interno della Voragine, rientra perfettamente in questo quadro strutturale. Essa si trova nella zona dove il “graben” intercetta il bordo della Voragine, ovvero una zona soggetta ad aprirsi sia per la “trazione” indotta dal movimento di fianco del vulcano, sia per lo sprofondamento (subsidenza) che attualmente interessa il centro della Voragine. Una combinazione di fattori cruciale, che ha causato l’apertura di questa nuova, piccola bocca, caratterizzata dall’emissione di abbondanti gas incandescenti (Fig. 3).
Marco Neri*
*Primo Ricercatore, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sezione di Catania, Osservatorio Etneo